«L’eurodeputato Fidanza: assurdo contestare la candidatura di Giorgia, con lei dibattito più ricco»
L’intervista a Carlo Fidanza di Libero Quotidiano a firma di Tommaso Montesano
«La candidatura di Angelino Alfano è credibile e prestigiosa. Ma Giorgia Meloni è stata ministro come lui nello stesso governo. E allora mi chiedo: perché la decisione di Giorgia di scendere in campo deve passare come una mania di grandezza?». Carlo Fidanza, eurodeputato del Pdl, vicecoordinatore lombardo, è considerato adesso uno dei pidiellini più vicino all’ex ministro della Gioventù. Non a caso in queste ore sta ultimando la raccolta delle firme a sostegno della sua candidatura. Il bersaglio delle sue parole è la collega di partito Lara Comi, vicecoordinatore regionale ed eurodeputata come lui, che dalle pagine di Libero ha definito «presuntuosa» la scelta di Meloni di candidarsi.
Cos’è che non la convince?
«Non capisco perché Giorgia sia presuntuosa. Solo perché si candida? È innegabile che la sua discesa in campo abbia arricchito il dibattito nel Pdl risvegliando anche l’interesse di tanti, delusi, che non ci votano più. Alfano stesso credo sia consapevole del fatto che una discussione aperta, fondata sui contenuti, tale da coinvolgere i nostri elettori, sia necessaria. Anche a lui».
Non teme che la proliferazione di candidati rischi di far somigliare le primarie al circo Barnum?
«A giorni conosceremo i nomi dei candidati definitivi. Certo, si poteva prevedere qualche paletto in più per evitare personaggi improbabili. Ma è curioso che prima si invochino le primarie e poi si contesti ai candidati più credibili di essersi candidati».
Anche Franco Frattini se l’è presa con Meloni, accusata di rappresentare «una destra dura e pura», modello Marine Le Pen, nella quale lui non si riconosce.
«Il riferimento a Le Pen è risibile. Tra il Ppe, al quale io appartengo, e l’estrema destra anti-europea c’è una distanza enorme. Solo che noi non vogliamo un Ppe dei tecnocrati. Invece oggi il Ppe è percepito come un soggetto politico troppo timido, spesso subalterno ai diktat di Berlino e dei suoi alleati nord-europei».
Per Frattini il discrimine tra Alfano e Meloni è rappresentato dall’agenda Monti e dal popolarismo europeo.
«Noi ci riconosciamo nella carta dei valori del Ppe. Ma il Ppe può e deve fare di più. Noi chiediamo più Europa, non meno Europa. Ma la vogliamo meno attenta alle esigenze delle banche e più a quelle dei popoli. E comunque l’equazione tra agenda Monti e Ppe non sta in piedi».
Per quale motivo?
«Agenda Monti è un concetto vago. Dentro ci sono perfino alcuni impegni assunti dal governo Berlusconi, ma a livello concreto l’attuazione dell’agenda è stata troppo sbilanciata sul fronte delle tasse a scapito della crescita. Vorrei l’agenda del Pdl, non ricette burocratiche e tecnocratiche».
Cosa risponde a quanti nel Pdl insistono nel guardare a Monti in nome del Ppe italiano?
«Qualcuno fa peggio, pensando a Monti in una riedizione delle larghe intese. Non dobbiamo mai perdere la bussola: il Ppe, a livello europeo, è incardinato in un sistema bipolare, alternativo alla sinistra. È bene non dimenticarlo».
E in Italia non sarebbe così?
«Ho la sensazione che da noi alcuni si richiamino al Ppe guardando piuttosto all’esperienza della Dc nella Prima Repubblica. Una grande ammucchiata al centro con una strizzata d’occhio a sinistra. Questo non è il Ppe».
Adesso è ufficiale: le primarie si svolgeranno il 16 dicembre. Troppo presto?
«Un po’ di tempo in più avrebbe fatto comodo a tutti. La verità è che non bisognava tergiversare a luglio, ma tra tante incognite, la candidatura di Giorgia Meloni è una certezza».
La raccolta delle firme ha spaventato molti aspiranti candidati…
«Le firme le abbiamo raccolte. E a breve presenteremo un’articolata proposta programmatica di Giorgia. Non ci interessano rese dei conti né congressi mascherati. Parleremo ai delusi e li convinceremo che cambiare si può».
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Cosa pensa la Meloni di Fini?