Il tema del riconoscimento da parte dello Stato delle unioni tra cittadini e la costituzione di nuclei familiari è una materia troppo seria e complessa per essere banalizzata e ridicolizzata con le pagliacciate alle quali abbiamo assistito ieri con l’approvazione in Campidoglio della delibera sul registro delle unioni civili voluta dal sindaco Marino.
Lo ripeto ormai da anni: non compete allo Stato intromettersi nella sfera privata degli uomini e delle donne e codificare le questioni affettive e sessuali di ognuno. Tantomeno è prerogativa dei rappresentanti politici o delle Istituzioni locali autorizzare o proibire “atti d’amore”, come li chiama il sindaco di Roma.
Ma non è di questo che stiamo parlando. La vicenda delle unioni omosessuali non tocca il riconoscimento di “atti d’amore” ma riguarda questioni molto più concrete, che hanno importanti e dirette ripercussioni sui conti pubblici e sul sistema nazionale di welfare: dalla reversibilità della pensione all’accesso ai servizi sociali.
Queste sono scelte che non attengono ai Comuni ma devono essere affrontate nell’unica sede competente e deputata a farla: il Parlamento. E sarà proprio in questa sede che Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale ribadirà la sua totale contrarietà alle adozioni gay e si batterà per stabilire un principio: le poche risorse a disposizione dello Stato devono essere indirizzate esclusivamente al sostegno della famiglia tradizionale e della natalità e non devono essere diluite nel sostegno ad altri tipi di unione.