20 Regioni, di cui 5 a Statuto speciale, 8047 Comuni, 109 province, a cui si aggiungono Comunità Montane e altre Istituzioni locali per un totale di 16 mila enti intermedi. Un coacervo di sovrapposizioni legislative, burocratiche e amministrative che crea una struttura statale pesante e iper-burocratizzata che allontana i cittadini e determina difficoltà alle imprese, allontana gli investimenti e appesantisce lo sviluppo sociale ed economico. Questi i temi affrontati oggi nel corso del convegno organizzato dal gruppo alla Camera di Fratelli d’Italia-Alleanza nazionale presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto e che ha chiamato a raccolta esponenti della Società Geografica italiana, urbanisti e costituzionalisti per presentare la proposta di legge di FdI-An di riforma dell’assetto dello Stato.
«Fratelli d’Italia – ha detto il presidente di FdI, Giorgia Meloni, intervenendo al convegno – ha trasformato in proposta di legge lo studio della Società Geografica Italiana per abolire le Regioni e i 16 mila enti intermedi che ora esistono e per istituire 36 distretti territoriali omogenei per storia, cultura, geografia ed economia. Serve una nuova architettura dello Stato, perché il regionalismo è stato un fallimento e ha prodotto molto spesso solo corruzione e burocrazia. Nel 1970, quando si stavano disegnando le Regioni sulla base del compromesso tra Dc e Pci, Giorgio Almirante lo aveva ampiamente previsto e aveva denunciato che la spesa pubblica sarebbe andata fuori controllo. Dopo 45 anni, possiamo dire che è andata proprio così».
«L’Italia – hanno spiegato il presidente della Società Geografica italiana, Sergio Conti, e il presidente di CAIRE Urbanistica, Ugo Baldini, aprendo i lavori – è iperterritorializzata. Il sistema assembleare parlamentare è stato applicato anche livello locale aumentando a dismisura i centri delle decisioni e della burocrazia. Ne consegue una verticale caduta della coesione nazionale che è la base fondamentale dello Stato nazionale e un’incapacità di incidere a livello europeo. Quello che abbiamo disegnato è un insieme di distretti (dai 30 ai 36) dai confini mobili con al di sotto il modello dei sistemi metropolitani da una parte e di distretti urbani e territoriali dall’altra, sul modello tedesco dei Landkreis e Stadtkreis che sono il modo attraverso cui i Comuni si mantengono e si organizzano aumentando l’efficienza e l’offerta dei servizi ai cittadini secondo un principio di autonomia dinamica. Questa nuova struttura territoriale consentirebbe un risparmio complessivo di oltre 1 miliardo e 300 mila euro derivanti dalla soppressione di 16 mila enti intermedi».
Per il costituzionalista De Vergottini, la questione è legata a come inserire questo progetto nell’ambito delle riforme istituzionali all’esame del Senato e il cui iter è avanzato.
Il problema fondamentale in realtà è lo status costituzionale delle Regioni: «E anche per decostituzionalizzarle – ha osservato – è necessario passare attraverso l’art. 138 della nostra Carta».
«L’incontro tra il mondo accademico e il mondo legislativo – ha spiegato invece il primo firmatario della proposta di legge e deputato di FdI, Edmondo Cirielli – è un fatto positivo. La Società Geografica Italiana ha messo a disposizione questo suo progetto nell’interesse dell’Italia. E ne siamo profondamente grati. L’individuazione di questo distretti è lo strumento migliore per poter rispondere agli interessi dei cittadini e delle imprese. L’abrogazione delle province fatta da Renzi è solo fittizia e colpisce un ente che ha enorme potenzialità».
«La riforma costituzionale del governo Renzi – ha concluso il capogruppo alla Camera di FdI, Fabio Rampelli – ignora il pur urgente bisogno di ridisegnare l’architettura dello Stato anche nella dimensione delle istituzioni territoriali. La proposta di FdI si fonda sulla cancellazione delle Regioni e sulla categorica esclusione di un loro accorpamento perché le grandi dimensioni moltiplicano la spesa pubblica e aumentano la distanza con il territorio, i cittadini e i bisogni sociali reali. Ci siamo ispirati al concetto di “comunità” gli ambiti da noi proposti sono dei veri; moduli identitari lontani anni luce dalle astrazioni politiche e altrettanto distanti da logiche elettoralistiche che finora hanno condizionato ogni proposta in tal senso. Mettendo al centro la comunità si tengo meglio a bada lobby, comitati d’affari e speculatori che fanno della distanza delle istituzioni con il territorio il loro punto di forza per perseguire i loro interessi».
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