Meloni a «Il Corriere della Sera»: «Lancio una sfida pubblica alla Boschi, così le spiego che cosa non va della riforma»

gioslide«II fronte del No è eterogeneo? Certo, non mi pongo il problema perché con questa riforma costituzionale stiamo affrontando un passaggio particolare che impegna tutti noi nella difesa dei diritti di molti contro gli interessi di pochi sponsorizzati dal governo Renzi».

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia con ascendente forte anche sulla destra che affonda le sue radici nella tradizione missina, dice che per il No si «può anche andare insieme a Sel, ma ognuno con le proprie differenze…».

Come fa la destra a diversificarsi dalla sinistra radicale nella campagna per il No? «Nel presentare il comitato “No, Grazie”, promosso con Forza Italia e la Lega, abbiamo chiarito che non è solo l’antirenzismo a caratterizzarci. Noi abbiamo un’idea di riforma che comprende 4 punti: elezione diretta del capo dell’esecutivo la cui eventuale caduta, poi, determini lo scioglimento del Parlamento; abolizione del Senato, perché così come è concepito da Renzi fa comodo solo al Pd; rapporto con l’Europa e tetto massimo alle tasse fissati in Costituzione».

Il vostro è un No puntato sul merito o sullo slogan «mandiamo Renzi a casa»? «La ministra Boschi afferma che noi non siamo in grado di confrontarci sul merito della legge. Bene, la sfido in un pubblico dibattito così le spiego io alcune cose che non vanno».

Grandi quotidiani internazionali mettono in guardia sulla eventuale vittoria del No: «Peggio della Brexit». «In un momento in cui il fronte del Sì non se la passa tanto bene, è normale che la grande finanza estera corra in soccorso di Renzi. Le oligarchie internazionali, che non sono certo dalla parte del popolo italiano, scendono in campo e mi dispiace che la sinistra si sia schierata con le lobby sostenute dai governi Monti, Letta e Renzi».

Eppure molta sinistra milita, con voi e i grillini, anche nel fronte del No. «L’eterogeneità del fronte del No l’ha voluta Renzi. Con la personalizzazione del referendum, il premier ha fatto un autogol».

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