L’editoriale pubblicato dal quotidiano «Libero» sulla direttiva Bolkestein.
Era il 2006 quando, dopo lunghe trattative e manifestazioni di protesta in diversi Stati membri, l’Unione Europea approvò definitivamente la direttiva Bolkestein.
Allora il bersaglio polemico era il famigerato «idraulico polacco» che, beneficiando di un’apertura quasi indiscriminata di molti mercati dei servizi, avrebbe finito col rubare il lavoro agli artigiani dell’Europa occidentale. A distanza di 10 anni lo spettro della Bolkestein minaccia ancora due comparti significativi per la nostra economia, alle prese con gli effetti nefasti di questa direttiva.
Dopo anni di sudditanza nei confronti dei burocrati europei, di promesse disattese e di soluzioni pasticciate, il Governo Renzi si è impegnato a «trovare una soluzione» al problema di 30 mila imprese balneari italiane (in gran parte piccole aziende a conduzione familiare), che fanno dell’Italia un unicuum nel turismo europeo. Una soluzione che, manco a dirlo, prevederà comunque la messa all’asta delle concessioni. Si sta trattando con l’Ue sulla durata del periodo transitorio e sull’indennizzo da riconoscere ai concessionari uscenti: come se il valore di un’impresa, di anni e anni di lavoro e spesso di investimenti fatti con mutui ancora in essere, possano essere risarciti con criteri meramente contabili e per far posto magari a grandi gruppi multinazionali pronti a far collezione di licenze e a cambiare radicalmente il volto del nostro turismo balneare.
Non molto diversa è la storia per i 200 mila ambulanti che la Bolkestein, recepita in Italia nel 2010, obbliga alle aste. In questi anni si sono succeduti i tentativi di limitare l’impatto di questa normativa su un settore delicato, tanto più per la funzione sociale che svolge in una fase di crisi economica senza precedenti. Eppure, anche in questo caso, le proroghe e i paletti non hanno salvato almeno per ora migliaia di aziende familiari che rischiano nel giro di pochissimi anni di venire spazzate via da una normativa folle per far posto a società di capitali, magari in mano alla grande distribuzione, che non paghe di aver devastato il tessuto del commercio al dettaglio e di prossimità impiegherebbero ben poco a fare man bassa delle licenze disponibili nei nostri mercati rionali. E mentre ancora si protesta, si tratta e si discute, i sindaci del Pd sembrano aver fretta di avviare le aste. E lo fanno come se avessero di fronte non della gente che lavora ma un nemico di classe da abbattere.
Già, perché la principale preoccupazione dell’Europa delle lobby è sempre la stessa: spazzare via i piccoli, quei lavoratori e piccoli imprenditori che hanno investito i risparmi di una vita in una licenza, per far spazio ai grandi. La chiamano «libertà di mercato» ma nel suo nome vogliono solo creare grandi concentrazioni finanziarie, diminuire la qualità e la professionalità dei servizi offerti, abbassare i livelli sociali e salariali del lavoro.
E d’altra parte non è un caso che l’ex presidente della Commissione Europea Barroso sia diventato super-consulente della potentìssima banca d’affari Goldman Sachs (prima di lui anche Prodi e Monti) e nemmeno che l’ex commissario alla Concorrenza Kroes sia stata assunta da Über, il colosso americano che vuole spazzare via i nostri taxi.
Su come migliorare certi servizi siamo sempre disponibili a discutere ma diciamo forte e chiaro ai burocrati di Bruxelles e ai loro burattini seduti a Palazzo Chigi: tenete giù le mani dal lavoro degli italiani.
Scarica qui il pdf