L’intervista di Pietro Senaldi
Onorevole Meloni, Berlusconi e Salvini stanno facendo il tiro alla fune con il centrodestra, lei come si trova nell’insolita veste di mediatore? «Ma questa è un’etichetta che mi appiccicano i cosiddetti osservatori, che amano incasellare i protagonisti della politica. Io sono solo una persona che ha a cuore l’Italia e, di fronte all’inconcludenza dei Cinquestelle e al servilismo di Renzi nei confronti di Europa e poteri forti, provo a fare il pane con la pasta che ho».
È più malleabile la pasta Berlusconi o la pasta Salvini? «Non è una questione di interlocutori ma degli interessi in gioco. Io ho l’obiettivo di offrire una proposta credibile per vincere le elezioni e dare all’Italia un governo forte e che la rappresenti a testa alta nel mondo. Prima della vittoria delle elezioni in Francia, condividevo di più la visione di Berlusconi, che non si schierava con Macron e il Ppe, ora mi sembra che l’esito di quel voto non sia stato capito, o venga interpretato maliziosamente».
Secondo lei che lezione dovremmo trarre dal voto francese? «Innanzitutto che la Le Pen, per le condizioni in cui opera, ha ottenuto un successo: sono i partiti tradizionali quelli che hanno perso. Poi che se la destra avesse fatto fronte comune – e sarebbe stato doveroso visto che Marine dice quello che sosteneva De Gaulle, che parlava dell’Europa come di una confederazione di Stati liberi e sovrani – oggi sarebbe all’Eliseo. Infine, che se la destra non si allea non vincono il centro e i moderati, ma l’inciucio e le lobby di potere. Per questo mi preoccupano le dichiarazioni “macroniste” di Berlusconi, perché sembrano un via libera al grande inciucio, e io sono nemica degli inciucioni, gli unici che possono abbattere le grandi idee».
Berlusconi è legato al Ppe e a Tajani, il nuovo presidente… «Dovrebbe ricordarsi del trattamento che gli hanno riservato autorevoli esponenti del Ppe, come Merkel e Sarkozy, quando lo seppellirono in mondovisione con quella risatina complice che aprì la strada a Monti. Silvio sbagliò a farsi detronizzare così e io fui pressoché l’unica ad alzarmi nell’ufficio di presidenza del Pdl, chiedendogli di non dimettersi e di portare l’Italia al voto. Non mi ascoltò e sbagliò, spero non ripeta gli stessi errori. Ultimamente sembro la Cassandra della politica, ma non perché porto male bensì perché come lei sono una patriota e ci becco sempre».
Nemico dell’inciucio è certo Salvini, che però sembra anche nemico dell’unità del centrodestra… «La Lega sta per andare a congresso. La posizione di Matteo si chiarirà solo dopo».
Quante probabilità ci sono che il centrodestra si presenti alle politiche unito con un listone unico? «La verità? Anche se non le nascondo un po’ di preoccupazione, confido nella capacità di Berlusconi e Salvini di leggere la società italiana. Il sentimento più diffuso è la voglia di rottura rispetto all’establishment e di una proposta di questa metà campo unica, chiara e coraggiosa. Silvio è sempre stato in sintonia con il popolo e Matteo vive tra la gente, entrambi sanno che i cittadini non apprezzerebbero ammucchiate informi».
Sta mettendo un paletto ai cosiddetti centristi? «Certo. Chi ha governato con Renzi e ora sta provando a riorganizzarsi con iniziative politiche che hanno il solo scopo di piazzare il sedere su una nuova poltrona non può avere casa nella coalizione con Fratelli d’Italia, che deve reggersi su due postulati: persone credibili e paletti fermi, non mi interessa vincere per sopravvivere o fare una figuraccia».
Berlusconi a Panorama ha fatto una lista di non graditi, con Alfano, Fini e altri. Lei ne ha una sua? «Senza fare nomi e cognomi, che comunque ho ben in testa, dico solo che non ci servono personalità prive di consenso. Io credo che 0,3+0,1+0,6 non faccia 1 ma -1».
Si riferisce ai colonnelli di An, mai diventati generali e ormai senza esercito? «Non mi riferisco a nessuno in particolare. Ho vissuto la storia di An da protagonista, anche se ai tempi magari qualcuno mi considerava una giovane mascotte. Quella classe dirigente si ritrovò improvvisamente al governo della Nazione dopo decenni d’opposizione. Dovette crescere troppo in fretta e qualcuno non fu all’altezza, com’era fisiologico che fosse. Ma a essere fatale fu far confluire An nel Pdl, una decisione sulla quale dichiarai le mie paure e i miei dubbi. Il centrodestra si illuse che mettendo insieme due storie politiche diverse se ne sarebbero sommati i pregi, invece si perse la forza ideale e si condivisero solo i difetti, il correntismo nostro e il rampantismo degli azzurri».
Non è stato soprattutto Fini ad ammazzare An? «Ho difficoltà a parlare di lui, sono choccata per quello che è successo, mi ha fatto male e ha vanificato anni di sacrifici. Cerco di darmi una risposta sul perché da quando è scoppiata la vicenda Montecarlo ma ormai ci ho rinunciato e penso che ci abbiano rinunciato anche molti elettori di An, che per un po’ hanno avuto difficoltà a ridarci fiducia e magari hanno anche votato Cinquestelle; ma adesso stiamo riportando tutti a casa».
Torniamo al centrodestra e all’ipotesi di listone. Ha parlato anche di paletti fermi… «Veniamo dal Parlamento più trasformista della storia. Credo che siano opportune una clausola anti-inciucio e una clausola anti-ribaltone che costringa alle dimissioni chiunque cambia schieramento».
Sono paletti che rivelano una forte preoccupazione che Berlusconi, dopo il voto, schieri con Renzi i candidati azzurri eletti con il listone per fare un governo di larghe intese… «Io credo che Berlusconi sia sincero quando afferma di volere un centrodestra unito. I problemi potrebbero arrivare dopo il voto e dipenderanno dai numeri. A Silvio viene psicologicamente più facile fare da secondo a Renzi piuttosto che trattare alla pari nel centrodestra, che considera una sua creazione. Però è anche vero che Berlusconi è un uomo navigato e non credo commetta per due volte il medesimo errore. Renzi l’ha già ingannato al primo Nazareno, sarebbe ingenuo farne un secondo».
Forse per una volta l’Europa vi viene in soccorso: sembra che la Corte di Strasburgo slitterà la decisione sulla candidabilità di Berlusconi, il che limiterebbe le sue ambizioni di leadership… Quante probabilità ci sono che la legge elettorale cambi prima del voto? «Quasi nessuna, non ci sono i numeri. La legge elettorale è solo un alibi per imporre agli italiani il quarto governo di fila non eletto».
Se dopo il voto nessuno avesse la forza per governare, la situazione economica precipitasse e fosse necessario un governo di sicurezza nazionale, magari con Draghi, per accontentare la Ue, lei uscirebbe dall’Aula per farlo partire? «No, basta. Non accetto più governi imposti da fuori».
C’è chi è convinto che alla fine Renzi potrebbe trovare un accordo di governo con Cinquestelle, lei cosa ne pensa? «È un’ipotesi meno remota di quanto si pensi, specie se guardiamo come i due partiti si muovono in Parlamento: su molte questioni centrali del nostro tempo, dall’immigrazione all’Europa, alla famiglia, M5S e Pd votano insieme. E anche l’accordo che stanno cercando sulla legge elettorale dice molto di quanto in realtà non siano così distanti».
Quanti uomini piazzerà Fdi nel prossimo Parlamento? «Stando ai sondaggi, 35 deputati e 10-15 senatori. Questo senza listone, il che dimostra che mi muovo nell’interesse del centrodestra e non mio personale».
Se non riuscite a fare l’accordo con Berlusconi ci sarà la famosa lista sovranista con la Lega? «Io e Salvini abbiamo condiviso tante cose e lavoriamo molto bene insieme. Certo, farò di tutto per allargare il campo di gioco di Fratelli d’Italia e promuovere intese con altre forze».
Sosterrà i governatori leghisti Maroni e Zaia nel referendum per l’autonomia fiscale di Lombardia e Veneto? «Discuteremo negli organi di partito cosa fare. Io non sono favorevole, penso che eventuali percorsi di maggiore autonomia dovrebbero essere concordati e coordinati dallo Stato nazionale, e dovrebbero riguardare tutte le Regioni. Mi piacerebbe a proposito aprire il dibattito sul federalismo municipale. Sono i Comuni il vero nucleo dell’identità italiana, non le Regioni, che sono una sovrastruttura butto di un accordo politico».
Senza strappi in Italia non si fa nulla, obiettano Maroni e Zaia… «Lo capisco ma così sembra fatto contro e non per qualcuno. Comunque discuteremo dei referendum e sono pronta al confronto con i nostri iscritti lombardi e veneti. Nel nostro movimento si usa così».
Roma è allo stesso tempo il punto di forza di Fdi e il simbolo del fallimento del centrodestra: come vive questa distonia? «A causa del mio accento romano vogliono ingabbiare Fdi in una sorta di partito della macroregione del centro, perché in fondo fa comodo anche agli alleati, ma la realtà è diversa. Io da anni giro tutta l’Italia e in molti Comuni sono l’unico leader ad aver mai messo piede. La nostra proposta elettorale poi, che vuole abolire i capilista bloccati, dimostra che possiamo piazzare in tutti i collegi candidati in grado di essere eletti».
Resta che Roma è una nota dolente per il centrodestra… «Roma dimostra che il centrodestra deve credere di più in se stesso, indipendentemente dalla scelte di partito. Se non sono andata al ballottaggio per un pugno di voti non è perché Forza Italia ha virato su Marchini ma perché alcuni elettori, vedendoci divisi, sono stati a casa o hanno optato per il cosiddetto voto utile. Per fortuna, a questo giro di amministrative non abbiamo ripetuto l’errore, forse anche perché non ci sono leader in corsa che spaventano».
Città simbolo da conquistare? «La presa di Genova, per la prima volta, sarebbe una svolta e dimostrerebbe che il modello Liguria per il centrodestra è vincente. E poi Verona: che impressione quando a Porta a Porta mi sono trovata Tosi con Renzi e la Lorenzin a difendere la riforma costituzionale. Per noi poi è molto importante la sfida a L’Aquila, città simbolo dove il centrodestra si ripresenta unito dopo 15 anni e dove Fratelli d’Italia candida Pierluigi Biondi, già sindaco di Villa Sant’Angelo, che ha ricostruito interamente dopo il sisma. Questo governo ci mette un pomeriggio a trovare i soldi per salvare Mps ma ad Amatrice non ha ancora dato una casetta a tutti. E poi criticavano le nostre new town a L’Aquila».
Perché va a congresso: una prova di forza in stile Renzi? «Non ce ne sarebbe bisogno, credo di essere il leader di partito meno contestato. Forse siamo i soli a non avere beghe interne. Il congresso serve ad arrivare a una sintesi programmatica prima della campagna elettorale, è un momento di riflessione comune e di scambio».
È soddisfatta del suo lavoro? «Io non sono mai soddisfatta e questa è la mia forza, perché mi permette di andare sempre avanti, ma anche la mia maledizione, perché faccio una vitaccia».
Perché uno dovrebbe votare Fratelli d’Italia oggi? «Perché siamo la perfetta sintesi del centrodestra e siamo la forza che più fa dell’interesse della nazione il proprio fulcro. Difendiamo i valori della nostra civiltà, cristiana ed europea. Difendiamo il nostro lavoro, le nostre imprese, i nostri prodotti di qualità, le nostre famiglie, i nostri confini. Dal Nord alle isole senza differenze e preferenze. Noi siamo il partito dell’interesse nazionale. Chi è orgoglioso di essere italiano, nonostante tutto, dovrebbe votare per noi».
La Le Pen ha perso anche perché la proposta di uscire dalla Ue e dalla moneta unica ha spaventato i francesi. Berlusconi propone la doppia moneta, Salvini vuole bruciare l’euro. Lei che posizione ha? «Tra dieci anni l’euro non ci sarà più, e non lo dico io ma le banche. Ci sono studi di Mediobanca e JP Morgan che già prevedono scenari senza moneta unica. Sull’addio all’euro si è fatto del terrorismo e si è parlato di irresponsabilità ma quel che è davvero irresponsabile è non porre apertamente il problema del fallimento della moneta, perché quando accadrà, se non ci saremo preparati in Europa ci sarà il caos. La Ue fa dell’euro una questione ideologica ma la moneta è solo uno strumento e se non funziona va cambiato. Sediamoci a un tavolo e sciogliamo gli accordi sbagliati».
Teme l’asse Merkel-Macron? «Faranno carne di porco di quel minimo di solidarietà rimasta in Europa. La loro Europa è un mostro delle organizzazioni internazionali dove chi è più forte impone i propri interessi ai più deboli».
E noi che siamo deboli cosa potremmo fare? «Renderci conto che poi così deboli non siamo. L’Italia ha un peso in Europa, siamo tra i fondatori, abbiamo tutte le carte in regola per abbattere questo antidemocratico modello di integrazione e costruirne uno completamente diverso: una confederazione di nazioni libere che condividano cose più utili della misura delle zucchine, tipo la politica estera. Oggi la Ue si preoccupa delle zucchine ma non dice nulla se la Francia bombarda la Libia per perseguire i propri interessi economici ai danni dell’Italia».
2 commenti
Senza un paese che faccia ri-valere il principio della SOVRANITA’ NAZIONALE (la fece valere Alcide De Gasperi in visita negli USA e non mi pare che fosse né “fascista”, né “leghista” e nemmeno “razzista”; anzi, uno dei padri fondatori dell’idea europea), subiremo sia la dittatura monetaria dell’Euro Tower (e della Germania), sia i ricatti della finanza mondial-massonica e dei suoi “benefattori” stile SOROS, sia l’IMMIGRAZIONE – SOSTITUZIONE che vuole appunto sostituirci con “altro” rispetto al popolo italiano. Con un confuso miscuglio multi-etnico dove unico “valore” condiviso sarà il CONSUMISMO, cioé l’asservimento ad ogni potere economico legale ed illegale. Un mondo dove saranno le MAFIE italiane e straniere, colluse tra di loro, a fare da padrone, sia sugli stranieri, sia sugli sventurati italiani…o meglio, ex tali. Volete questo ?
On Meloni. Mi pare che Lei dia voce ad un sogno. Questi governicchi che NESSUNO ha eletto, cosa avranno mai in comune con il concetto stesso di nazione italiana ?