Caro direttore, condivido in loto le perplessità riportate dal Tuo giornale sull’intervista al Financial Times in cui il ministro Di Maio ha azzardato un parallelo tra la manovra del governo grilloleghista e la politica economica perseguita da Donald Trump negli Stati Uniti. Le ragioni per cui Fratelli d’Italia ha annunciato il proprio voto contrario alla Legge di Bilancio possono essere infatti riassunte nella distanza abissale tra la sua filosofia di fondo e quella propugnata dall’amministrazione Trump. Lo dico da convinta sovranista, reputo che sia impossibile e perfino sbagliato importare acriticamente degli esempi esteri nel governo della nostra nazione, ma quello che qui mi interessa è un ragionamento sui modelli. E il modello di rilancio dell’America trumpiana è lontanissimo da quello che ci propone Di Maio, direi che è esattamente il contrario. L’amministrazione Usa ha anzitutto promosso un imponente abbattimento della pressione fiscale, con un taglio delle aliquote sulle aziende dal 35% al 21%, accompagnato da una foltissima sburocratizzazione. Quindi, ha sì previsto un aumento della spesa pubblica, da finanziare anche in deficit, ma tutto sbilanciato sul fronte degli investimenti strategici, in particolare quelli in infrastrutture. Non credo sia partigianeria politica, piuttosto mera cronaca, sottolineare che l’esecutivo Conte-Di Maio-Salvini ha scelto di intraprendere la strada opposta. Lo avete raccontato voi per primi in questi giorni, con abbondanza di dettagli. Il livello della pressione fiscale previsto per il 2019 rimane invariato rispetto a quello che precedeva il «governo del cambiamento». La misura della flat tax, che era la proposta economica qualificante del centrodestra, è rinviata a data da destinarsi. Per quanto riguarda l’abbozzo di spending review, il capitolo di spesa degli investimenti viene tagliato quattro volte di più rispetto al capitolo della spesa corrente. Tutto questo ha una sua coerenza interna, a patto di chiamare le cose col loro nome: quella del governo è una manovra assistenzialista, che non a caso ha il suo fulcro contabile e simbolico nel reddito di cittadinanza, non una manovra espansiva che scommette sul futuro. Il binomio choc fiscale più crescita degli investimenti, che costituisce il cuore della ricetta trumpiana celebrata da Di Maio, è totalmente assente (mancanza del resto avvalorata dall’opposizione pentastellata ad ogni infrastruttura strategica per la nazione, Tav in testa). Ed è proprio questo binomio, invece, che per Fratelli d’Italia rappresenta l’unico modello di politica economica credibile per mettere in discussione il dogma dell’austerità. Il cui superamento è ormai imprescindibile per i popoli europei.
Giorgia Meloni
3 commenti
Un esempio storico di denari versati a pioggia per risolvere la “questione meridionale” é stato quello della CASSA per il MEZZOGIORNO. Ma ha creato sviluppo, oppure ha soprattutto arricchito la casta mafiosa e para-mafiosa degli “amici degli amici” ? Ha aiutato il decollo economico che le risorse locali meridionali (leggi paesaggio, leggi coste marine, leggi potenziale agricolo, con le culture di pregio impiantate nel meridione dai romani e poi dagli arabi) avrebbero certo potuto assicurare ? Ha contrastato la disoccupazione, ha favorito le imprese che investono sul territorio o invece ha foraggiato soprattutto la SPECULAZIONE EDILIZIA che il territorio lo devasta, come si verificò già nel lontano 1966, quando mezza Agrigento venne giù, anticipo delle molte frane future ? E che dire dei SESSANTAMILA MILIARDI di vecchie lire per la ricostruzione delle zone terremotate dopo il sisma del 1980 ? A chi e a cosa sono servite ? Il signorino Di Maio e il “Fico d’india” suo confratello non erano ancora nati e certo un po’ di cultura storica…dubito che se la siano mai procurata. Mi sbaglierò…ma non credo che il sud abbia bisogno di assistenzialismo. Ne ha ben avuto, eccome ! E gli esiti li abbiamo visti.
È tutto vero. Bisognerebbe solo ricordare che i cittadini votano e che è più semplice prendere voti con l’assistenzialismo che con altri mezzi che sarebbero certo molto più salutari per il futuro dell’Italia. Il parassitismo è un male atavico dalle nostre parti ed è un istinto sempre vellicato dalla peggior politica.
Condivido in pieno. Il problema non sono tanto i numeri ma l’ impostazione sbagliata. Mauro