15 dicembre 2024
Buongiorno a tutti, grazie! Grazie per questo entusiasmo contagioso, ne abbiamo bisogno. Quanto siete belli! Quanta forza ci date!
Allora grazie di essere qui! C’è una persona che non si sente bene? Ragazzi, ci serve un’ambulanza! C’è, ovviamente c’è. Intanto facciamo un bell’applauso di incoraggiamento a questa persona che non si sente bene. Forse fa troppo caldo, bisognerebbe aprire un po’ i tendoni laterali, se è possibile all’organizzazione; noi temevamo il freddo, siamo stati… Tutto a posto? Ok! Un altro applauso, grazie! Allora volevo dirti grazie di essere qui, grazie di esserci, adesso seduti altrimenti chi sta dietro non vede, giù le bandiere. Dicevo, grazie di essere qui anche quest’anno, come da 26 anni a questa parte. Se ci pensate è un tempo che per noi è lungo, ma che è praticamente un’era geologica per la politica italiana.
Era il 1998, era il Parco del Colle Oppio, e Atreju era la sfida di una generazione che spendeva tutta sé stessa nel tentativo di superare i pregiudizi, gli steccati ideologici, i cancelli sbarrati dai custodi del “Palazzo”. Era una generazione che ce la metteva tutta perché voleva raccontare il futuro che aveva in mente per l’Italia. È un altro mondo visto da qui, è un altro mondo visto da oggi, però è il nostro mondo. E noi ce lo dobbiamo ricordare perché nessuno che non sappia guardarsi alle spalle, nessuno che non sappia guardarsi indietro può avere la pretesa di andare avanti.
Ovviamente Atreju per noi era ed è anche tanto altro; Atreju era anche l’occasione che avevamo per ritrovare tantissimi amici che arrivavano da ogni parte d’Italia, e per ricordarci che, in fondo, non eravamo soli in questa nostra battaglia quotidiana. E questa, forse, è la cosa che a me manca di più di questa manifestazione. La dimensione umana, la dimensione comunitaria. Sono anche molto arrabbiata perché non mi avete invitata al momento “amarcord” di Atreju, che me lo sarei meritato con 24 edizioni di Atreju organizzate, ma vabbè, non siete stati gentili, ma vabbè! Invece devo dire che non mi manca organizzare questa manifestazione, non mi manca affatto. E però voglio dirvi che sono impressionata da come avete saputo raccogliere il testimone. Questa edizione di Atreju è stata semplicemente impeccabile, è stata splendida. L’avete fatta meglio di come l’ho fatta io o l’abbiamo fatta quando me ne occupavo personalmente. E questo un po’ dimostra anche che alla fine tutti pensiamo di essere indispensabili, ma alla fine nessuno di noi lo è fino in fondo, c’è sempre qualcuno che è pronto a sostituirlo.
E allora grazie. Grazie a Giovanni Donzelli e a tutta l’organizzazione, grazie a Francesco Filini e a tutto l’Ufficio Studi, grazie ad Arianna, che tra una nomina di un astronauta, quella di un amministratore delegato di una multinazionale, in questa sua foga di dover piazzare amici, parenti – e pure gente che non conosce – in ogni anfratto dello Stato italiano, ha trovato il tempo pure per organizzare Atreju. Grazie ai ministri, ai sottosegretari, grazie a tutti i parlamentari per il loro lavoro quotidiano, per la loro dedizione, per la loro compattezza, grazie ai loro capigruppo, Carlo Fidanza per il gruppo europeo, insieme a Nicola Procaccini, copresidente del gruppo dei conservatori, Lucio Malan e Galeazzo Bignami, al quale faccio i miei auguri di nuovo di buon lavoro.
Grazie a ogni singolo militante e dirigente di Fratelli d’Italia. E grazie, su tutti, a Fabio Roscani e ai ragazzi di Gioventù Nazionale. Voglio dirvi ancora una volta che sono fiera di voi. E voglio dirvi che nessuna gogna costruita sull’errore del singolo spiando la gente dal buco della serratura, nessuna gogna costruita contro di voi per colpire me vi toglie chi siete, e siete la parte migliore della vostra generazione. Siate fieri di voi!
E voglio ovviamente ringraziare i miei amici, i miei alleati Antonio, Matteo, Maurizio, Lorenzo per le belle parole che hanno speso questa mattina, ma soprattutto per il cammino splendido che stiamo conducendo insieme in questi anni, e che – sono certa – condurremo insieme anche per molto anni a venire. E guardate, la stabilità di questo governo, che è data dalla compattezza della sua maggioranza, è il più grande elemento di discontinuità con il passato della politica italiana ed è il più grande elemento di forza dell’Italia nel quadro attuale. La stabilità garantisce a questa Nazione la sua credibilità internazionale, le garantisce la possibilità di avere una strategia, di avere una visione, le garantisce la possibilità di avere conti in ordine, le garantisce il rifiuto di una politica economica che per troppi anni è stata fatta con il solo obiettivo di guadagnare consenso facile. Le garantisce, in una parola, quella autorevolezza senza la quale non è possibile produrre benessere. E allora io penso che questa sia la ragione per la quale ognuno di noi è consapevole – e quindi non riprendo quello che prima di me hanno detto gli altri, Maurizio, Antonio, Lorenzo, penso che ciascuno di noi sia perfettamente consapevole della responsabilità che ha sulle spalle, e noi onoreremo fino all’ultimo giorno il compito che ci è stato dato dagli Italiani in questa Nazione. Arriveremo compatti alla fine del governo e oltre.
Certo che è normale e giusto confrontarsi sulle idee, del resto come si diceva se le nostre ricette fossero sempre perfettamente sovrapponibili saremmo un partito unico – ma forse in quel caso mancheremmo di rappresentare tutte le sensibilità che ci sono all’interno del centrodestra – però tutti quelli che sperano che qualcuno di noi metterà il proprio personale destino di fronte e prima del destino della Nazione temo che rimarrà, ancora una volta, deluso. E come si sa, deludere la sinistra è il nostro sport preferito. Noi siamo prima di tutto italiani, è per l’Italia che tifiamo e lavoriamo, non mettiamo mai la fazione prima della Nazione, è questo che i nostri avversari non hanno mai capito di noi, perché loro fanno l’esatto opposto.
Allora torniamo ad Atreju. Se ci arrivo con la voce alla fine di questo intervento voi mi dovrete fare un grande applauso perché ho la gola a pezzi. Torniamo ad Atreju, dicevo. Noi sognavamo, come si più dire, forte – no? – 26 anni fa. Abbiamo sognato forte in tutti questi 26 anni e sono stati esattamente quei sogni a portarci qui, in un villaggio gigantesco, che sta più o meno a quello del Colle Oppio come Crosetto sta alla sottoscritta. Sono stati quei sogni a portarci alla guida della Nazione che amiamo.
Sogni, che abbiamo perseguito e costruito con costanza, con determinazione e forse anche con un pizzico di incoscienza. Sogni figli di un’elaborazione continua della quale questo posto, questo luogo è forse il simbolo principale. Perché sono quasi trent’anni che noi ci interroghiamo sul presente e sul futuro, lo facciamo senza pregiudizi, lo facciamo senza paura, lo sentiamo ascoltando chiunque abbia qualcosa da dire, come sempre fanno le identità forti che non temono il confronto, abbiamo anticipato in questi trent’anni dibattiti che, puntualmente, dopo anni sono diventati di dominio pubblico.
E perché ci siamo riusciti? La risposta è all’apparenza semplice, eppure non è scontata. Mi è venuta ieri ascoltando il mio amico Javier Milei, che ringrazio ancora una volta, e il suo – diciamo così – inno alla libertà. Ci siamo riusciti perché fondamentalmente siamo persone libere e perché non può esserci pensiero senza libertà.
E chiunque ci abbia sottovalutato in questi anni, chiunque abbia scommesso che non saremmo mai arrivati dove siamo oggi, avrebbe probabilmente dovuto fare i conti con questo luogo, e con la sua capacità di attraversare, immutato e consapevoli per quasi trent’anni, un mondo che intorno continuava a cambiare.
Allora Atreju non è solo il ragazzo che lotta contro il nulla che avanza, Atreju non è solo casa, Atreju è, in fondo, la nostra coscienza. La nostra consapevolezza, la nostra profondità, il nostro senso di responsabilità nell’affrontare una stagione di governo nel periodo forse più complesso dal dopoguerra a oggi, quelle doti nascono soprattutto dall’avventura collettiva che questo luogo rappresenta.
Quando poco più di due anni fa noi abbiamo vinto le elezioni che ci hanno portato al governo, e molti si sono sorpresi perché non scendevamo in piazza a festeggiare. Perché gli altri fanno così: lo vincono e festeggiano felici. Come se da quel momento, diciamo, quando prendi il potere fosse tutto in discesa, fai una festa. Noi non l’abbiamo fatto e non l’abbiamo fatto perché sapevamo che quello era l’inizio di una salita. Sapevamo che quello nel quale eravamo stati chiamati a governare l’Italia era un tempo grave, e che non c’era niente da festeggiare, bisognava invece lavorare, e lavorare da subito.
Il quadro geopolitico che avevamo intorno era – e resta – terribilmente complicato. Così complicato che in molti hanno sperato che l’Italia a guida centrodestra non ce la facesse. In molti hanno scommesso sul nostro fallimento. Beh, direi hanno puntato contro il cavallo sbagliato.
Perché quella che il mondo vede oggi è invece un’Italia che torna a correre e a stupire, che da osservato speciale diventa un modello da seguire su molti fronti. Chiaramente non è solo merito del Governo. È merito degli Italiani, questo io lo voglio ricordare sempre, che però oggi scoprono che la politica può e sa essere al loro fianco, può essere un’alleata e non un’avversaria. Con tutti i limiti che certamente la politica ha. Ed è forse questa la mia personale sfida principale, in questa avventura. Fare tutto quello che posso perché gli Italiani tornino a credere in loro stessi, e in quello che questa Nazione è capace di fare quando sceglie di reagire. Il pessimismo, il benaltrismo, il provincialismo, il tafazzismo, questa tendenza che noi abbiamo avuto molto spesso a piangerci addosso sono forse i principali nemici dell’Italia che abbiamo il dovere sconfiggere. Se non ci crediamo non possiamo farlo.
E certo che veniamo da una stagione difficile, il Covid, la guerra, l’instabilità, il debito pubblico, i nostri partner internazionali che ci guardavano dall’alto in basso. Ma noi siamo italiani! Siamo italiani! La nostra storia è piena di alti e di bassi, è piena di rovinose cadute e di straordinarie rinascite. Guardatevi indietro. Tutta la nostra storia è così. La grandezza dell’Impero e poi le macerie di Roma, il Cristianesimo che ha forgiato la civiltà europea e la distruzione dei barbari. E poi il Medioevo, che tanti considerano un’epoca buia e per noi è stata l’epoca delle Cattedrali, delle Abbazie, e delle Repubbliche Marinare, di città che aprivano nuove rotte. Genova, Pisa, Amalfi, Venezia. E poi ancora il Rinascimento, Leonardo, Michelangelo, Raffaello e un mondo intero che restava meravigliato a guardare. E però l’Italia era ancora frammentata, divisa, soggiogata, fin quando dei ragazzi ribelli, dei giovani ribelli non la prendono per mano e costruiscono l’Unità d’Italia in quello che noi chiamiamo Risorgimento. E arrivano le guerre mondiali. La prima, la seconda, i totalitarismi.
I nostri nonni che nel dopoguerra si rimboccano le maniche e costruiscono il boom economico degli anni Sessanta, il miracolo italiano.
Ogni volta che siamo stati dati per spacciati, noi abbiamo preso in mano il nostro destino e abbiamo lasciato tutti a bocca aperta. Ci siamo rialzati mille volte, e lo faremo ancora, lo stiamo facendo ancora.
E rispondiamo così, con i fatti, ai tanti, troppi uccelli del malaugurio che tifano contro la Nazione per sperare di elemosinare un po’ di potere personale sulla pelle di milioni di connazionali.
Perché li abbiamo ascoltati decine di volte, dall’alto di quella spocchia tipica di chi non ha azzeccato un solo pronostico negli ultimi dieci anni, augurarci ogni male possibile, dipingere ogni scenario funesto, in questi due anni e perfino prima di questi due anni.
Ipse Dixit, come dicevano i classici quando volevano convalidare la verità: “Con il Governo di centrodestra l’Italia rischia il default!”. Sappiamo come è andata. È andata che in questi anni l’Italia è cresciuta più della media della zona euro, e qualche giorno fa l’Economist ha eletto la nostra come la quinta migliore performance economica al mondo. È andata che le nostre imprese, pure tra mille difficoltà che ci sono, si sono rimesse a correre e a stupire, e, per la prima volta nella storia, siamo diventati la quarta Nazione esportatrice al mondo. È andata che la stabilità di questo Governo e il nostro protagonismo sulla scena internazionale hanno fatto da scudo e da apripista al nostro sistema produttivo. Ho fatto, personalmente, due volte il giro del mondo in questi due anni e lo farò ancora ancora e lo farò molte altre volte. Sapete perché? Perché non sono mai tornata senza portare a casa un risultato utile per il Sistema Italia. Non è politica estera, è politica interna.
Ipse dixit: “lo spread con il governo Meloni andrà alle stelle!”.
Ok. Quando ci siamo insediati, nel giorno del nostro insediamento lo spread era a 233 punti base. Oggi è a 112. E se non se ne sono accorti i nostri – come posso dire – disinteressati osservatori, se ne sono accorte le agenzie di rating, che non esattamente, diciamo, degli enti caritatevoli, magnanimi – no? – che infatti stanno rivalutando in positivo l’affidabilità dei nostri titoli che è una cosa che in quasi 40 anni in Italia è accaduta 3 volte. E guardate, qui non lo dico perché – come dire – sterile vanagloria, non si tratta di questo, si tratta di poter utilizzare nel medio lungo periodo una enorme quantità di denaro che noi oggi versiamo come interessi sul debito pubblico, cioè una cosa meravigliosamente concreta, che ci consentirebbe di fare maggiori investimenti su quelle che sono le nostre priorità: l’aumento dei salari, gli incentivi per assumere, il sostegno alla famiglia, e la cosa che in assoluto sta più a cuore ai cittadini, che è la salute. Una sanità diffusa, efficiente, attenta e moderna, con medici ed operatori sanitari ben pagati, non tentati dalla fuga all’estero per gli stipendi che non sono competitivi.
E visto che qui la propaganda si moltiplica, sono costretta a rispondere ancora una volta.
Allora dal prossimo anno il fondo sanitario nazionale arriverà a 136 miliardi e 500 milioni di euro: è, senza timore di smentita, numeri alla mano, lo stanziamento più alto di sempre. Quando noi ci siamo insediati il fondo era di 126 miliardi. Il calcolo non è difficile, perfino senza una calcolatrice che l’ultima volta non è andata bene, ma si tratta di un aumento di oltre 10 miliardi di euro in due anni. Ora per capire l’entità di quello di cui parlo, mi basta ricordare che prima dell’arrivo di questo Governo, quando invece al governo ci stavano quelli che dicono che non stiamo investendo abbastanza sulla sanità, negli ultimi quattro anni prima dell’arrivo del nostro Governo il fondo sanitario è cresciuto di otto miliardi. Allora con quale faccia e con quale dignità chi in quattro anni ha aumentato il fondo sanitario di 8 miliardi dice che non ha fatto bene chi ne ha messi 10 in due anni? Mi pare francamente che la calcolatrice serva a voi.
E anzi, guardate, sono di più, non sono neanche 10 miliardi, sono 12 miliardi. Perché a quelle risorse, quelle che stanno sul fondo sanitario nazionale, vanno aggiunti un miliardo e tre che abbiamo investito con gli accordi di coesione che abbiamo stipulato con le Regioni sempre per il potenziamento degli ospedali, e 750 milioni di euro da destinare alla sanità che abbiamo investito con la revisione del PNRR, la famosa revisione del PNRR che se l’avessimo tentata avremmo perso tutti i soldi del PNRR, saremmo andati in default, e invece l’Italia è la prima Nazione sul PNRR e ha fatto scuola in Europa e ha anche rivisto il PNRR.
Dopodiché, proprio perché i numeri sono implacabili, l’argomentazione di riserva – questa è una cosa che a me diverte molto – della sinistra è che la spesa sanitaria non va considerata in termini assoluti, cioè non importa quanti soldi ci metti, va considerata in rapporto al prodotto interno lordo. Cioè praticamente un salto mortale, logico che manco Tania Cagnotto potrebbe fare. Cioè non c’è nessun nesso tra la crescita economica e la qualità del sistema sanitario. Certo l’economia italiana va meglio, e vivaddio menomale, ma non è che se l’export aumenta, non è che se io vendo più mozzarelle di bufale nel mondo sto colpendo la sanità italiana. Non c’è nessun nesso tra queste due cose. Tra l’altro segnalo che, infatti, storicamente le Regioni che spendono di più in sanità in rapporto al PIL sono le Regioni del Sud, che non sono sempre conosciute per essere anche quelle con il sistema più efficiente.
Quindi il nesso semplicemente non c’è. Ma tant’è, loro insistono come un disco rotto, perché quando loro non hanno argomenti veri per contrastarci loro ne usano di falsi. Se non ci sono quelli veri ce li inventiamo, che ci importa? Un po’ lo stesso schema che usa la CGIL per indire gli scioperi generali.
Ora pure qui, grande rispetto per il lavoro dei sindacati, per i diritti sindacali, però anche qui è abbastanza facile distinguere una verità dalle menzogne. Per giustificare il suo incitamento a una “rivolta sociale” – con toni che non hanno precedenti nella storia del sindacato italiano e con toni che se li avessimo utilizzati noi sarebbero arrivati i caschi blu dell’ONU – il segretario della CGIL Maurizio Landini ci dice che in Italia aumenta il precariato, che l’occupazione diminuisce, che diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie. Solo che, purtroppo, i numeri dicono esattamente il contrario, anche qui.
Noi abbiamo giurato al Quirinale il 22 ottobre del 2022. Dopo due anni da quel giorno, in Italia ci sono 850 mila occupati in più, cala il lavoro precario, e se prendiamo in considerazione solo i contratti a tempo indeterminato in due anni abbiamo quasi un milione di posti di lavoro in più.
E lo dico perché penso che Silvio Berlusconi, che del milione di posti di lavoro in più in una legislatura ha fatto una bandiera, sarebbe fiero di sapere che il Governo che ha contribuito a creare lo ha fatto in appena due anni. E sono contratti stabili, la maggior parte dei quali stipulati nelle regioni del sud. E aggiungo che non si tratta neanche di un rimbalzo post Covid, perché noi siamo sopra di un milione di posti di lavoro anche rispetto al 2019.
E allora capiamo, ovviamente, la difficoltà del segretario generale della CGIL Maurizio Landini, che è costretto ad alzare i toni perché i suoi argomenti sono deboli e quando gli argomenti sono deboli si cerca di coprirlo alzando i toni e in fondo perché poi non può dire la verità: e cioè che gli scioperi non li fa per aiutare i lavoratori, li fa per aiutare la sinistra. Solo che da parecchio tempo chi aiuta la sinistra non aiuta i lavoratori, come i lavoratori sanno bene.
Ora chiaramente, io voglio specificarlo anche stavolta, non sto dicendo che in Italia va tutto bene, non sto dicendo che i risultati positivi dipendono tutti dal Governo. Sto dicendo solo che le cose vanno meglio, e che alla fine si è dimostrato quello che noi sosteniamo da sempre: che in Italia è la destra a difendere i lavoratori, perché la sinistra era troppo occupata a difendere gli interessi delle grandi concentrazioni economiche.
Parlano di lavoro sottopagato e di una legge sul salario minimo – che però non hanno presentato quando governavano – però è stato questo Governo a mettere una media di cento euro in più al mese in busta paga ai lavoratori con i redditi bassi, mentre i sindacati che ci contestano – Landini compreso – firmavano i contratti con una paga di cinque euro l’ora. Un po’ di coerenza, signori, un po’ di coerenza
Dicono di difendere il lavoro delle donne, però è sotto questo Governo che non a caso ha la prima donna Presidente del Consiglio dei Ministri nella storia D’Italia che abbiamo raggiunto il record di lavoro femminile.
Raccontano di una destra che vuole spaccare l’Italia, però è sotto questo Governo che il PIL del Mezzogiorno sta crescendo più della media nazionale, che l’occupazione nel Mezzogiorno cresce più della media nazionale, che si rafforza l’export, che si rafforza il tessuto industriale. Cioè, è sotto questo Governo che il Sud è diventato la locomotiva d’Italia.
E anche questa è stata una scelta. E poi – questa è la mia preferita – si lamentano perché dicono che i 3,6 miliardi di euro per coprire il cuneo fiscale che abbiamo preso dalle banche non sono abbastanza. È possibile, però ci ricordiamo che facevano loro, perché loro i soldi li toglievano ai lavoratori per salvarci le banche che il loro sistema di potere aveva devastato per compiacere gli appetiti del loro sistema di potere.
Ci deridono perché nella prossima legge di bilancio le pensioni minime aumenteranno solo di pochi euro. È vero, avremmo voluto fare molto di più se avessimo avuto più risorse; purtroppo le risorse sono state gettate per anni dalla finestra e quindi abbiamo, oggettivamente, una difficoltà da questo punto di vista. Però, quello che però non dicono, è che quando al governo c’erano loro le pensioni minime sono aumentate di 23 euro in otto anni. Con questo Governo sono aumentate di 91 euro in due anni. E arriverà quell’importo a 100 euro e lo supererà per i pensionati in maggiore difficoltà. Quindi è possibile che non abbiamo fatto abbastanza, ma è certo che abbiamo fatto meglio di loro.
E vogliamo parlare del potere d’acquisto? Quando i salari erano bassi e l’inflazione era alta, non avevano niente da dire. Adesso che l’inflazione scende e i salari aumentano, non va bene.
I sindacati chiedevano un taglio del cuneo fiscale di 5 punti, l’abbiamo tagliato di 7. Poi chiedevano che non fosse “una tantum” e lo abbiamo reso strutturale. La risposta è stata: “Rivolta sociale”.
Io comincio a pensare che il problema sia che, se le cose vanno meglio alcuni sindacati potrebbero perdere una fetta del loro potere, e che sia questo a farli arrabbiare. Però ho motivo di credere che gli Italiani non considerino questa una buona ragione per fare una rivolta sociale e un po’ si vede anche dai risultati della partecipazione agli scioperi generali.
Dopodiché siamo, dicevo, perfettamente consapevoli di quanti problemi ci siano ancora da risolvere perché la crescita è ancora debole, i salari sono ancora comunque troppo bassi, come le pensioni minime, i consumi anche. E c’è un calo della manifattura, che è figlio soprattutto delle difficoltà del settore dell’automotive e dell’onda lunga della crisi tedesca.
Possiamo e dobbiamo fare di più. E se prima di noi non fosse stato fatto poco o niente, se chi doveva difendere i diritti dei lavoratori fosse stato in passato reattivo come lo è ora, probabilmente il nostro compito sarebbe meno difficile.
Io ricordo quando il governo Conte scelse di non esercitare i poteri speciali sull’operazione di fusione tra Fiat Chrysler e Peugeot. Ricordo quando lo stesso Conte 2 concesse un prestito di 6,5 miliardi di euro a Fiat Chrysler che era però vincolato al rafforzamento della filiera produttiva. Solo che non è mai successo. È successo, invece, che l’anno successivo Fiat Chrysler staccasse un assegno da circa 5,5 miliardi di dividendo per i suoi soci, alla faccia degli operai.
Ma lo ricordo soprattutto per dire che il nostro approccio su queste materie è molto diverso da quello della sinistra. Noi non abbiamo pregiudizi e non facciamo favoritismi, noi valutiamo le questioni nel merito. Vale per Stellantis come vale per qualsiasi altra azienda che opera in Italia. Se l’approccio è costruttivo, se c’è la volontà di mantenere i livelli occupazionali e la produzione in Italia, noi faremo la nostra parte, come abbiamo sempre fatto finora perché, quando si tratta di difendere i lavoratori, l’occupazione e la crescita in questa Nazione, ci trovate in prima fila.
A noi, perché il PD, non l’abbiamo visto arrivare. A Elly Schlein si inceppa la lingua quando deve dire la parola Stellantis. O forse è solo troppo presa da altre priorità, tipo la battaglia contro il pericolo incombente del fascismo condotta a colpi di duetti rap con gli Articolo31 e balli sui carri allegorici del gay pride. E capite bene che una battaglia partigiana di tale levatura non ammette distrazioni. C’è altro da fare
Comunque, facciano quello che credono. Noi andremo avanti. Andremo avanti con la via italiana al contrasto all’immigrazione illegale. Ci sono voluti mesi a mettere a punto una strategia efficace di contrasto, però – mi pare – che i risultati comincino ad arrivare. Meno 60% di sbarchi rispetto al 2023, meno 30% rispetto al 2022. E come sempre meno partenze, significa anche meno morti in mare, perché io non accetterò mai di dovermi abituare a queste tragedie.
Mi ha colpito molto la storia della piccola Jasmine, questa bambina tenacemente rimasta da sola in acqua per giorni, unica sopravvissuta di un naufragio, le voglio mandare l’abbraccio affettuoso di questa piazza e voglio dirle, voglio dire a lei, voglio dire alle vittime dei trafficanti di esseri umani, che combatteremo senza tregua contro questi sistemi criminali.
Ma non ci siamo limitati a combattere i trafficanti. Noi siamo andati anche alle cause della migrazione, avviando il Piano Mattei per l’Africa, in particolare un progetto di cooperazione da pari a pari con le nazioni africane per aiutarle nel loro cammino di sviluppo. Non è un piano del Governo, è un piano nazionale, è una strategia di interesse nazionale. E però perfino su questo i nostri avversari si sono lanciati in una opposizione feroce, proprio mentre, invece, tutti i nostri partner internazionali ci facevano i complimenti e ci chiedevano di poter partecipare con noi a questa iniziativa. E quindi diceva bene prima Fabio Roscani, dicevano che noi saremmo stati isolati a livello internazionale a alla fine si sono trovati isolati loro.
E poi l’accordo con l’Albania. Un’idea che molti avevano definito, e continuano a definire, folle, che anche qui, anche questa fa scuola oggi in mezza Europa e non solo. Perché qual’è il punto centrale dei centri in Albania? Il punto centrale dei centri in Albania è l’effetto deterrenza. Se chi sbarca in Italia ha come unico obiettivo quello di restare in Europa, voi capite che sbarcare fuori dai confini europei cambia tutto. Questo è il punto centrale. Ed ecco perché tra tutte le iniziative, le misure che l’Italia e l’Europa hanno messo in campo in questi anni sulla materia della migrazione, il protocollo con l’Albania è in assoluto la più temuta dai trafficanti di esseri umani. Il che significa anche che fermare l’iniziativa sarebbe il più grande favore che possiamo fare a questi criminali. E noi di favori ai criminali non ne facciamo.
E lo voglio dire anche perché qui si rischia un – diciamo – paradossale corto circuito. Io mi chiedo se quei giudici che si sono tanto – diciamo così – adoperati per non convalidare i trattenimenti dei migranti che dovevano andare in Albania, con sentenze che – l’ho detto e lo ripeto – a mio avviso sono totalmente irragionevoli, si siano interrogati davvero sulle conseguenze delle loro decisioni. Perché io sono certa che la priorità della stragrande maggioranza dei magistrati – nel solco dell’esempio di uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – sia combattere ogni mafia, compresa la mafia del mare. Ma è evidente che quando noi non riusciamo a essere efficaci, gli unici ad averne vantaggio sono proprio le organizzazioni criminali. Bisogna farci i conti e quindi abbiate fiducia. I centri in Albania funzioneranno. Funzioneranno. Dovessi passarci ogni notte da qui alla fine del Governo italiano. Funzioneranno perché io voglio combattere la mafia e chiedo a tutto lo Stato italiano e alle persone perbene di aiutarmi a combattere la mafia. Non sono io il nemico, io sono una persona perbene. E qui è finita. Non mi devo lanciare ragazzi, fatemi stare tranquilla.
In Italia si deve entrare solo regolarmente. Dopodiché anche su chi entra con regolare permesso, anche qui abbiamo impresso un totale cambio di passo. Quando ci siamo insediati abbiamo scoperto che troppe cose non tornavano anche sugli ingressi regolari. C’era una cifra esorbitante di domande di nulla osta per lavoro, che arrivavano in gran parte da un’unica Regione – la Campania – e che solo in pochissimi casi diventavano effettivamente contratti di lavoro quando queste persone arrivavano in Italia. C’era una distorsione evidente, della quale curiosamente nessuno si era accorto prima di noi. Allora abbiamo presentato una denuncia alla Procura nazionale antimafia e abbiamo introdotto regole e controlli più stringenti. Risultato: il numero delle istanze presentate per il 2024 è inferiore alle quote previste. Sapete che cosa significa? Significa che abbiamo buttato fuori la camorra dalla gestione delle domande di nullaosta per immigrati regolari. Esattamente come abbiamo buttato fuori i camorristi che occupavano le case popolari a Caivano. E anche qui i complimenti dei guru dell’antimafia, alla Roberto Saviano, li aspettiamo domani. Fosse mai che non c’è più niente su cui fare una serie televisiva milionaria.
Insomma, ci vorrà molta pazienza, ma faremo tutto quello che va fatto. L’anno che verrà sarà quello delle riforme, riforme attese da troppo tempo che spaventano molti. Sono riforme giuste. Andremo avanti sul premierato, che io ho già definito la madre di tutte le riforme, non a caso così temuto dai campioni olimpici di gioco di palazzo.
Andremo avanti sulla riforma dell’autonomia differenziata, sulla riforma fiscale, e andremo avanti sulla riforma della giustizia. Dicono che con la riforma della giustizia noi vogliamo una politica che controlli la magistratura, e fingono non di non vedere che con la riforma noi facciamo esattamente il contrario: togliamo per esempio alla politica il potere di scegliere una parte dei membri del CSM. Perché il nostro obiettivo, il nostro obiettivo è diametralmente opposto a quello del quale ci accusano. Noi vogliamo liberare la magistratura dal controllo della politica, anche dal controllo delle correnti politicizzate della magistratura.
Una battaglia di civiltà, per difendere il diritto di ogni magistrato capace e perbene di poter avanzare di carriera anche se non piega la testa al sistema delle correnti. E quindi una riforma fatta sì per i cittadini, ma anche per la stragrande maggioranza dei giudici.
E poi lavoreremo con grande forza e dedizione ad altre priorità perché, penso alla sicurezza, a differenza di quello che dice chi non vuole affrontare il problema, noi sappiamo che la sicurezza non è un problema di percezione, è un’emergenza sociale, un’emergenza sociale che si scarica soprattutto sulle fasce più deboli della nostra popolazione. Sulle donne, sugli anziani, sugli abitanti delle periferie urbane abbandonate al degrado, come ricorda sempre il mio amico Paolo Del Debbio che ringrazio per le sue belle parole e per i pennarelli. Abbiamo fatto sicuramente diverse cose sul piano normativo: penso alle norme del decreto Caivano che consentono di intervenire con molta più efficacia contro la criminalità minorile, penso agli aumenti degli organici per le nostre forze dell’ordine, facciamo un grande applauso di nuovo alle nostre forze dell’ordine: siamo sempre dalla loro parte.
E penso al DDL sicurezza, tanto vituperato DDL sicurezza che introduce nuovi reati e aumenta le tutele per le forze dell’ordine. Ho visto che contro il DDL sicurezza c’è una mobilitazione dei cantanti, degli attori. Più o meno avrà la stessa efficacia della mobilitazione di Hollywood contro Donald Trump. Stessi risultati.
Però sulla sicurezza dobbiamo fare di più, sulla sicurezza dobbiamo fare di più e lo faremo. A partire dalla sicurezza nelle stazioni. Ci sarà in Italia, e a Roma segnatamente, il prossimo anno il Giubileo. I tanti cristiani, i tanti pellegrini che verranno in Italia devono trovare una Nazione all’altezza del compito.
Così come bisogna fare di più sulla lotta mala-burocrazia. Adempimenti ancora troppi numerosi, onerosi, incerti nelle procedure e nei tempi, che chiaramente scoraggiano gli investimenti, sfiduciano i cittadini. Sono tasse occulte che si sommano a quelle reali e che noi non ci possiamo più permettere.
E continueremo a ridurre le tasse su chi lavora, come abbiamo fatto con il taglio del cuneo, come abbiamo fatto con l’accorpamento delle prime due aliquote irpef, come abbiamo fatto con la flat tax per i piccoli lavoratori autonomi.
Il cammino è ovviamente lungo. Del resto noi abbiamo ereditato uno Stato che è elefantiaco fatto di sprechi, di spese vergognose – qualsiasi file apri ti metti le mani nei capelli – abbiamo pagato la ristrutturazione delle seconde case, abbiamo pagato il reddito di cittadinanza a chi poteva lavorare, abbiamo fatto un sacco di cose. E queste molte costose si potevano mantenere solamente chi lavorava e chi si azzardava a fare impresa.
Continueremo a tagliare questi sprechi, perché uno Stato più efficiente vuol dire tasse ma vuol dire anche meno clientelismo. E capisco che uno scenario del genere possa preoccupare la sinistra, ma certamente non preoccupa noi e non deve preoccupare i cittadini.
E come abbiamo impresso un cambio di passo in Italia, continueremo a lavorare anche per imprimere un cambio di passo anche in Europa. Oggi finalmente stiamo facendo anche un bel lavorone anche sulla scuola, ringraziamo il ministro Valditara, ringraziamo gli altri ministri. Stiamo facendo un bel lavoro. Oggi finalmente – dicevo – siamo in grado di partecipare alla definizione delle priorità europee ai massimi livelli, e intendiamo farlo. Ma lo faremo senza rinunciare al nostro punto di vista, per il bene di un continente che senza persone coraggiose rischia di scoprirsi in un futuro non lontano totalmente ininfluente.
Negli anni in cui i palazzi europei erano dominati dalle sinistre rosse e verdi sono state compiute scelte totalmente insensate, quando non folli, i cui frutti avvelenati continuano a maturare ogni giorno. C’è una crisi generale di competitività che è scatenata soprattutto dal furore ideologico pseudoambienalista, che ora va affrontata con lucidità e coraggio per rilanciare l’industria, per non lasciare indietro le fasce più deboli della popolazione europea, e perfino per avere le risorse necessarie che servono a tutelare l’ambiente e la natura. E voglio dire un’altra cosa: è stata scaricata una sofferenza inutile su quelli che nella natura vivono e lavorano da generazioni, da parte di chi faceva dell’ambiente soprattutto una profittevole speculazione elettorale. Agricoltori, pescatori, allevatori, l’intero popolo delle aree rurali e costiere è finito sul banco degli imputati come una sorta di pericolo per l’umanità e a giudicarli c’era spesso chi di verde conosceva al massimo i fiori sul balcone della sua casa nella ZTL.
E quanto tempo abbiamo perso dietro a norme assurde, che pretendevano di regolamentare ogni aspetto della nostra quotidianità, mentre invece gli altri player globali scatenavano la corsa all’innovazione tecnologica, all’accaparramento delle risorse energetiche, delle materie prime critiche, alla penetrazione geopolitica in continenti che l’Europa aveva colpevolmente deciso di ignorare. E quanto abbiamo pagato e quanto stiamo pagando questa debolezza strutturale, quando sono arrivati prima la pandemia, poi l’aggressione russa all’Ucraina e infine le tensioni in Medio Oriente.
Allora chi ama davvero l’Europa – chi come noi attaccava manifesti che parlavano di Europa quando i turbo europeisti di oggi inneggiavano all’Unione Sovietica – e forse per questo oggi cercano di replicarne alcune caratteristiche a Bruxelles – ha il dovere di aiutare il continente a guardare in faccia i suoi limiti e i suoi errori.
Perché siamo ancora in tempo per correggere la rotta, ed è quello che abbiamo fatto in diverse occasioni, come quando ci siamo dichiarati contrari al modo in cui venivano definite le massime cariche europee in questa legislatura.
Ipse Dixit! Elly Schlein: “Con Meloni l’Italia – No, noi siamo persone educate, abbiamo rispetto per tutti, anche perché poi peggiora, ve lo dico.
Ipse Dixit! Elly Schlein: “Con Meloni l’Italia è isolata in Europa”.
Ipse Dixit Giuseppe Conte: “Il fallimento della Meloni significa relegare l’Italia in panchina, all’ininfluenza”.
Ma soprattutto, Ipse dixit Romano Prodi: “L’establishment adora Meloni perché Meloni obbedisce”.
Allora, fermi, io vi confesso che, quando ho letto gli improperi isterici che Romano Prodi mi lancia da giorni, ho aperto una bottiglia del mio vino migliore e ho brindato alla mia salute. Ogni patriota deve essere fiero di avere gli improperi di Romano Prodi. Signori, siamo ancora dalla parte giusta della storia. E voglio dire a Romano Prodi che diverse cose che ha fatto nella sua vita – dalla svendita dell’IRI fino al modo in cui l’Italia è entrata nell’euro, passando per il ruolo determinante che avuto per l’ingresso della Cina nella WTO, nell’organizzazione mondiale del commercio – dimostrano che di obbedienza se ne intenda parecchio. Ma proprio perché noi abbiamo imparato da persone come lui che obbedire non porta bene né alla Nazione né all’Europa, abbiamo fatto una scelta diametralmente opposta.
Abbiamo scelto di dire che non eravamo d’accordo quando andava detto, abbiamo scelto di votare contro quando andava fatto, e abbiamo dimostrato con i fatti quello che la sinistra ha sempre negato, ovvero che si può ottenere rispetto e considerazione e anzi che forse se ne ottiene di più di rispetto e di considerazione se si riesce a non svendere le proprie idee, o la propria dignità nazionale.
Ed è grazie a questa schiena dritta e a un approccio pragmatico, a un approccio serio, che oggi salutiamo la vicepresidenza esecutiva della Commissione Europea attribuita a Raffaele Fitto che per il primo anno non sarà qui ad Atreju. Un portafoglio corposo, da più di mille miliardi di euro tra fondi di coesione e Pnrr, e la responsabilità di supervisionare le politiche europee in settori strategici per l’Italia e per l’Europa: l’agricoltura e la pesca, i trasporti e il turismo, l’economia del mare e l’housing sociale.
Ricordate quando i nostri avversari inorridirono perché avevo detto, durante la campagna elettorale delle elezioni politiche, che “era finita la pacchia?”. Ecco, con quelle parole io intendevo esattamente quello che il nostro governo sta facendo: far contare l’Italia per quello che vale, portare forte la voce della nostra Nazione nel dibattito europeo. E sono, per carità, sicuramente concetti forse sovversivi per la sinistra, che è abituata a presentarsi in Europa col piattino in mano, ma per tutti gli altri, anche in Europa, sono assolutamente la normalità. E aggiungo che, incidentalmente, il Vicepresidente esecutivo della Commissione europea Raffaele Fitto è anche un conservatore, un conservatore italiano ed europeo. E non lo dico perché considero una vittoria di parte quello che invece è il successo di un’intera Nazione. Lo dico perché la nomina di Raffaele Fitto in un ruolo chiave rompe un altro tetto di cristallo, dopo quello della prima donna a guidare la Repubblica italiana. Solo qualche mese fa era impossibile, impensabile, in Europa, che un conservatore potesse arrivare ai massimi vertici delle istituzioni europee. C’era, una sorta di – come dire – cordone sanitario intorno a chi non era di sinistra, o a chi non era alleato di sinistra, una conventio ad excludendum, e noi abbiamo rotto quello schema, e abbiamo così contribuito a disegnare un’Europa decisamente più rispettosa del voto popolare, cioè esattamente quello che avevamo promesso in campagna elettorale, quando abbiamo scelto di presentarci con lo slogan “l’Italia cambia l’Europa”.
È per questo che la sinistra italiana ed europea ha cercato di azzoppare Raffaele Fitto in ogni modo. Perché loro continuano a pretendere che ci siano ambiti preclusi a chi non è dei loro.
Se non sei dei loro non puoi fare cultura, non puoi amministrare giustizia, non puoi essere un bravo giornalista, figuriamoci fare della bella musica, non puoi occuparti di volontariato. E non puoi nemmeno fare il Commissario europeo a meno che tu non accetti di rinnegare te stesso, la tua storia, il tuo partito, il tuo governo, insomma se accetti di diventare uno di loro, o almeno fingi di farlo. Ma noi, cari amici della sinistra, non diventeremo mai come voi. Noi siamo orgogliosamente antitetici a voi. E dico di più. Noi esistiamo per smentirvi, e per stupirvi.
E, a proposito di conservatori, voglio rivolgere un sentito ringraziamento a tutta la nostra famiglia politica europea. Un progetto che abbiamo sposato nel 2018, che mi ha visto diventare presidente dei Conservatori europei nel 2020, che ci ha visto crescere, insieme, fino agli straordinari risultati di questi ultimi mesi. Un progetto a cui io mi sono dedicata con entusiasmo, sostenuta ovviamente dall’ottimo lavoro svolto da molti, in particolare ringrazio da Antonio Giordano, segretario generale.
Ho accettato, quando mi è stato chiesto, di prolungare la scadenza naturale del mio mandato da presidente dei Conservatori per accompagnare il partito fino all’avvio di questa nuova legislatura europea. Ma ora che le elezioni si sono tenute e la nuova legislatura è perfettamente funzionante, voglio dire che penso di aver assolto al mio compito. E quindi in questa giornata voglio anche annunciare, che sto per dimettermi dalla carica di Presidente dei Conservatori e Riformisti europei, perché questa splendida comunità politica merita di avere un Presidente che possa occuparsene a tempo pieno, con maggiore energia di quella che io posso dedicare ora. Apriremo le candidature per l’elezione del nuovo Presidente, e presumo che tra coloro che si proporranno ci sarà anche il mio amico Mateusz Morawiecki, primo ministro della Polonia, un grande conservatore e un amico dell’Italia e di Fratelli d’Italia., Mateusz, Questo applauso di questa sala è la conferma che ti sosterremo in questa battaglia che conduci anche per noi.
E, a proposito di Conservatori, voglio formulare anche da questo palco i miei migliori auguri di buon lavoro al Presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, a poco più di un mese dal suo insediamento ufficiale.
Mi sono parecchio divertita a leggere le ricostruzioni e le speculazioni sulla mia posizione riguardo alle elezioni americane. Mi rendo conto che il nostro modo di operare possa essere difficile da comprendere per chi ha sempre pensato che il ruolo dell’Italia fosse quello di fare la cheerleader delle altre grandi Nazioni. Ma le categorie con le quali si può leggere la nostra postura internazionale sono abbastanza semplici, e sono sempre le stesse. Lealtà: Italia e Stati Uniti sono alleati leali, lo sono sempre stati e lo saranno sempre a prescindere da chi governa. Coerenza: io sono una donna di destra, una conservatrice, non ho alcuna difficoltà a dialogare con tutti, se serve all’Italia, ma a maggior ragione sono felice di poter dialogare con i conservatori americani. Interesse nazionale: gli Italiani mi hanno scelto per difendere gli interessi degli italiani, ed è quello ho fatto e che farò, chiunque sia il mio interlocutore.
E allora vado alla conclusione, amici miei. In questi due anni di governo della Nazione abbiamo fatto molto di più di quello che i nostri avversari, e forse anche qualche italiano scettico, si aspettavano da noi. Però abbiamo fatto meno di quello che noi – che per storia e formazione non ci dichiareremo mai soddisfatti – dobbiamo pretendere da noi stessi.
Quindi, ai remi. Se siete davvero dei patrioti, noi chiedetevi mai cosa io, o il partito, possiamo fare per voi. Voi chiedetevi sempre cosa voi, io e il partito dobbiamo fare per gli Italiani. Perché la nostra è una missione, e quando la posta è alta non c’è spazio per l’egoismo dei singoli. Siate concentrati, siate ambiziosi, siate coraggiosi. Coltivate il desiderio di riscatto e la passione per la giustizia. Siate all’altezza della grande Nazione che rappresentate e della enorme responsabilità che questo comporta. E siate consapevoli che la storia è fatta da persone, e segnatamente da quelle persone che hanno avuto il coraggio di presentarsi alla chiamata, quando la storia chiamava.
Perché non tornerà un tempo come questo. Non tornerà l’occasione di dire “io c’ero”, e ho fatto la mia parte quando l’Italia è tornata far parlare di sé, a stupire, a disegnare la rotta. Quando ha ripreso il posto che le spettava nel mondo.
Quell’occasione è qui, e ora, e non permette passi incerti, perché ha bisogno di corse audaci. Non permette tentennamenti, perché ha bisogno di certezze. Non permette debolezza, perché ha bisogno di cuori puri e di gambe ferme.
Ma io so che noi, anche più di quanto noi stessi crediamo, siamo all’altezza del compito. Io so che l’Italia è all’altezza del compito.
Viva l’Italia, viva Fratelli d’Italia, viva il centrodestra, grazie!
2 commenti
Per favore, leggere il mail che ho inviato, grazie…
italoserra2000@yahoo.es
Grande discorso della nostra Presidente, visto dal vivo. Non ce ne per nessuno…livello di gran norma superiore. Avanti così, Forza GIORGIA!✌✌✌